giovedì 11 novembre 2010

★ Review of DEVA "Between Life And Dreams" at THE MELLOPHONIUM ★

"Between life and dreams" di Deva
Scritto da Massimiliano Morelli
mercoledì 10 marzo 2010

Ci sono mondi geograficamente distanti, linguaggi differenti e, apparentemente, inintelligibili tra di loro, suoni dissonanti, ancestrali, lontani. Ci sono oceani che dividono la terra, lembi di terra che separano le città, Capitali che raccontano storie diverse e peculiari. Ci sono mondi dentro questi mondi e altri mondi ancora: a volte basta un click, altre occorre prendere un mezzo di trasporto, a volte basta un gesto per farsi capire, altre bisogna averne studiato la lingua, il linguaggio. L’heavy metal delle origini, poiché tale la matrice di questo “Between life and dreams” dei Deva rimane e non potrebbe essere altrimenti, racchiude in un'unica principale regola la sintassi, l’ortografia e la grammatica del suo idioma: rompere tutte le regole. Per fare ciò occorre essere impavidi e preparati, pronti a tutto e addestrati, abili e sfrontati. Il riff portante, “in your face”, dell’opener “Your voice”, che arriva come un colpo di baionetta dopo la dolcezza dell’intro “Breathe”, mette subito le cose in chiaro: la band milanese è armata fino ai denti e pronta a combattere il nemico. Laddove ritmiche marziali e accordi in minore ci rimandano al primo elemento del titolo di questo loro album d’esordio (la vita, spesso cruda, difficile e ingiusta), keyboards eteree e voci al limite della lirica ci fanno oscillare - avanti e indietro, sottosopra - verso il secondo: il sogno, più delicato e colmo di speranza, melanconico ma pieno di quella vita per la quale i Deva combattono. Il contrasto crea il marchio di fabbrica e sul proiettile delle chitarre di Friedrik (al secolo Federico Salerno, mastermind del progetto e co-autore dei brani insieme alla cantante Beatrice Palumbo) veniamo tele-trasportati nelle corsie sonore della traccia successiva. “Dancing lane”, già cara ai fans pre-contratto (discografico, si capisce) e brillante negli incastri della sezione ritmica (per la gioia della bassista Myriam Stallone e del batterista Thomas D’Alba), ribadisce il concetto e apre ulteriori finestre su tempi dispari e arabeschi progressivi da mozzare il fiato. Con la track numero 4, “New essence”, le articolate e melodiose vocals, comunque ben lungi dall’essere una farsa della Ruggiero, ci cullano su onde non dissimili da quelle di alcune hit dei Matia Bazar, sdoganando la non meno complessa struttura musicale dal genere, se di genere si può realmente parlare, proposto dalla band. Scivolata via la più lineare “Out: in fog” (aerea e sognante, crepuscolare e inafferrabile come la nebbia di un immaginario hinterland metropolitano al tramonto) approdiamo al capolavoro di questa prima metà del disco. “Love and faith” (traccia numero 6), mai scolastica, riporta i Deva al loro elemento naturale (il progressive metal, diciamolo) e lo fa in grande stile: accelerazioni chitarristiche che sfociano in repentini cambi di tempo-direzione, synthesizers alchemici che mutano forma, contenuto e spettro sonoro al comando del tastierista Marco “Hyblos” Castiglione e basso e batteria a offrire al tutto la giusta e sempre agile spina dorsale. In “Fading from here” (numero 7) a farla da padrone sono invece le inaspettate soluzioni pop e hard rock (le prime udibili nella metricità della produzione, le seconde riscontrabili nella cadenza da ballata come nel fade-out tanto caro ai singoloni anni ’80), mentre è affidato alla multiforme e multistrato "Karma" (i cui contenuti sono divisi in quattro parti ed il cui minutaggio complessivo è stato distribuito lungo le altrettante tracce finali) l’onere di chiudere il disco: suite metal (poco più di venti minuti di pura goduria progressive) con la quale la band, con questo “Between life and dreams” all’esordio discografico, ricordiamolo, esplora un po’ tutti gli scenari e le peculiarità del loro stile (dai riff dittatoriali di Salerno alle partiture esoteriche di Castiglione, dalle voci angeliche della Palumbo agli ingranaggi ritmici della serratissima “divisione” Stallone-D’Alba) e gli estremi del genere stesso, con tutte quelle sferzate spazio-temporali e le (relativamente) lunghe partiture strumentali tanto care a ogni progster che si rispetti. Sicuramente impegnativo e magari non da subito facilmente assimilabile, e i cui testi non sono evidentemente di secondaria importanza, "Between life and dreams", in pressoché ogni sua parte, vince, convince e suona come una possibile colonna sonora del mondo dei Deva che, a metà tra vita e sogni, si apre e ci riporta a molti altri mondi ancora.
 

 



★ Mellophonium

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